Allarme epidemia tra i neonati. Ma perché nessuno vi parla di Giulio Tarro?

Epidemia virus respiratorio in neonati: ospedali italiani pieni. Se avete bimbi piccoli fate attenzione mi raccomando Questo virus non va preso alla leggera.” Nasce da questo post di Fedez su Instagram la psicosi sulla “terribile epidemia” che, in assenza di un vaccino, starebbe colpendo migliaia di neonati. E così migliaia di genitori, davanti al primo colpo di tosse dei loro bambini si riversano negli ospedali congestionandoli; “notizia” ripresa e amplificata dai media che attestano così la gravità della situazione. 

“Una malattia responsabile della morte del 5% dei neonati nel mondo” titolano i giornali, ma quasi nessuno vi dice che, in Italia e nei paesi industrializzati, la bronchiolite o polmonite sinciziale è curabilissima. E certamente nessuno vi racconta chi in Italia abbia stroncato l’epidemia di “Male oscuro” (così veniva battezzata allora dai giornali e da baroni della medicina questa infezione) che in Campania, grazie all’arrogante ignoranza dei baroni della Medicina, aveva ucciso 80 bambini. Giulio Tarro, oggi additato come “No Vax” e diffamato da tutti i media padronali per le sue posizioni sulla gestione dell’emergenza Covid.

Siccome lo conosco e lo stimo quarant’anni, a breve lo intervisterò per l’Antidiplomatico su questa psicosi che sta dilagando in tutt’Italia. Qui mi piace riportare stralci del capitolo di un suo libro di qualche anno fa (“Una medicina per la gente – dal Male Oscuro alla imposizione delle vaccinazioni” su come nel 1978 sconfisse l’epidemia di “Male oscuro”



Nell’estate 1978 cominciarono ad apparire sui giornali notizie di una impennata delle morti tra i bambini ricoverati all’Ospedale pediatrico Santobono per “encefalite”. A portare ulteriormente fuori strada da una corretta diagnosi fu la circostanza che i bambini, spesso  giunti in coma all’ospedale, venivano affidati non già al pediatra ma direttamente al rianimatore (il quale concentrava le sue attenzioni sulla mancanza di ossigeno al cervello), il sospetto che le morti potessero essere determinate da una serie di vaccinazioni (negli ultimi mesi c’erano state cinque morti addebitate a vaccinazioni contro la difterite e il tetano), la scarsa collaborazione tra l’Ospedale Santobono e l’Ospedale Cotugno (preposto a fronteggiare emergenze infettive e quindi dotato di laboratori di analisi certamente più efficienti di quelli di altri ospedali) e soprattutto la scelta dell’Ospedale Santobono di conservare i campioni istologici dei bambini deceduti in frigorifero, con la conseguente morte del virus respiratorio sinciziale (VRS) responsabile, come si accerterà in seguito, della bronchiolite e, quindi, della morte conseguente al coma.

C’era, poi, l’incomprensibilità delle cartelle cliniche redatte in modo approssimato che rendeva impossibile comprendere cosa fosse successo al bambino nelle prime ore del manifestarsi del male: in molti casi non veniva riportato nemmeno il peso del neonato, eventuali manovre terapeutiche messe in atto come l’intubamento (una manovra assolutamente sconsigliata in lattanti con bronchioliti) e alcuni valori del sangue arterioso. A peggiorare le cose la mancanza al Santobono di alloggiamenti saturi di ossigeno umido, l’uso, spesso in dosi elevate, di farmaci come il Cortisone e il ricorso a flebo che, verosimilmente, in alcuni casi, determinarono emorragie cerebrali.

Si aggiunga a questo, quando l’epidemia di “Male Oscuro” (così venne battezzata dai giornali) meritò l’onore delle cronache, il riversarsi al Santobono dei piccoli pazienti con sintomatologia respiratoria grave ricoverati in altre strutture sanitarie, della Campania e si capirà perché una epidemia di bronchiolite non molto più grave di quelle che periodicamente investivano la Campania si trasformò in un “Male Oscuro” che gettò nel panico decine di migliaia di persone; persone che, ovviamente, ignoravano che al Santobono in quel periodo si concentravano le morti che fino ad allora avvenivano nel resto della Campania .

Ma il vero motivo della emergenza “Male Oscuro” – oltre alle pessime condizioni igienico sanitarie nelle quali versava Napoli, con innumerevoli abitanti stipati in “bassi” freddi e umidi – furono le baronie che infestavano (e investono) il sistema sanitario e che videro nel “Male Oscuro” una ennesima occasione per battere cassa anche se le costose strutture che già dirigevano avrebbero potuto funzionare enormemente meglio se solo avessero avuto un management più accorto.

L’allarme “Male Oscuro” cominciò in nel pieno dell’estate quando, in un ristretto arco di tempo, cinque bambini entrarono in coma e morirono (diagnosi encefalite) poche ore dopo la vaccinazione contro la difterite e il tetano (DT). Identificata nei vaccini la causa della morte, questi furono immediatamente ritirati dal commercio e dagli ambulatori e spediti in tutta fretta all’istituto Superiore di Sanità per essere sottoposti ad analisi. Che esclusero ogni responsabilità di quei vaccini nella morte dei neonati.

A quei tempi, nonostante fossi Primario all’Ospedale Cotugno per le malattie infettive, venni a sapere di quello che già si chiamava “Male Oscuro”, sostanzialmente dai giornali. Nessuno, infatti, aveva pensato di coinvolgere il reparto che dirigevo nella gestione di quell’emergenza. Eppure ritengo che qualche aiuto avrei potuto darlo sin dall’inizio dell’emergenza; anche perché credo di essere stato uno dei primi ricercatori italiani ad interessarsi del virus sinciziale, identificato già nel 1956 e responsabile di innumerevoli ricoveri ospedalieri di bambini.


E ora, due parole su questa patologia.

Le infezioni respiratorie provocate da virus di tipo influenzale, di cui fa parte anche il virus sinciziale, sono fenomeni di tipo stagionale che si ripresentano ogni anno nei nostri climi all’inizio dell’inverno: sono infezioni prevalentemente benigne che possono colpire anche il 50% dei bambini e che nella maggioranza dei casi si limitano ad un’infiammazione delle prime vie respiratorie che dura 5-7 giorni; in una percentuale minima di casi l’infezione può estendersi ai bronchi ed ai polmoni e la malattia, specie per i bambini nei primi sei mesi di vita, può essere pericolosa se non trattata adeguatamente.

I virus hRSV (Human respiratory syncytial virus) hanno un ciclo biologico di 4 – 5 anni, nel senso che a distanza di 3-4 anni si verifica il maggior numero di ammalati. Così fu anche a Napoli dove, ad esempio nel ’75, si erano avuti una morbilità ed una mortalità per malattie respiratorie del tutto simili a quelle del 1978. Nel 1975, comunque, nessuno parlò di “Male Oscuro”, forse per la dispersione sul territorio dei bambini morti per malattie respiratorie, forse perché allora non c’era la volontà – verosimilmente presente nel 1978 – di creare un clima di panico sbandierando un “Male Oscuro” foriero di nuovi finanziamenti alle strutture sanitarie.

Ma perché mai un virus così diffuso non fu – sin dall’inizio dell’emergenza – preso in considerazione quale causa del “Male Oscuro”? Una spiegazione – oltre alla sbalorditiva ignoranza di non pochi “luminari della Medicina napoletana” e alla stagione (le epidemie di virus sinciziale si manifestano prevalentemente in inverno, non in estate) – è certamente da ricercarsi nelle folli procedure che furono messe in atto per l’identificazione dell’agente patogeno. Sulla scelta della Direzione sanitaria dell’Ospedale Santobono di conservare i campioni istologici dei bambini deceduti in frigorifero (con la conseguente morte del virus) abbiamo già detto. Ma un errore ancora più grave fu commesso con l’analisi di altri materiali biologici tratti da pazienti vivi. Sin dagli anni “60 era nota l’importanza degli aspirati nasofaringei per identificare la presenza del virus sinciziale. Ma questa pratica si direbbe essere stata praticamente sconosciuta durante l’emergenza “Male Oscuro” quando ci si affidava ai tamponi nasali e quando, soprattutto i campioni materiale biologico estratto, invece di essere trasportati immediatamente ai laboratori per le analisi, giacevano per moltissimo tempo negli armadi del Santobono. Eppure, già allora avrebbero dovuto essere noti gli studi sul virus sinciziale che dimostrano come quasi il 90% dell’infettività del virus sinciziale si perde dopo la conservazione per 2 ore a 24 gradi.

Ovviamente, con così sciatte procedure, che impedivano l’identificazione dell’agente patogeno, l’epidemia dilagava. Anche perché il RSV riesce a trasmettersi, oltre che attraverso piccoli starnuti o colpi di tosse, attraverso le mani infette, in particolare si può verificare una autoinoculazione mediante sfregamento degli occhi o del naso.

Con un tale management medico non c’è da meravigliarsi se il mio ruolo iniziale durante l’epidemia di “Male Oscuro” fu costellato da centinaia di interviste – una, addirittura al quotidiano “Lotta Continua” – che suscitarono l’indignazione generale e, quasi, un tentativo di linciaggio, da parte delle baronie mediche locali e dei vertici dell’Istituto Superiore della Sanità. Grazie al Cielo mi assistettero in quella mia “battaglia” numerosi colleghi e ricercatori con molti dei quali avevo lavorato all’estero, primi tra tutti quelli dell’equipe dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Istituto Pasteur. Rivedo ancora alcune scene di quei giorni.

Ad esempio, il convegno che si tenne alla Torre Biologica del nuovo Policlinico. Ovviamente, non ero stato invitato come relatore. Decisi, comunque di andarci (in camice bianco) lo stesso, come semplice spettatore. Il mio ingresso in sala fu sottolineato da un crescente mormorio mentre al tavolo della presidenza c’era chi temeva che la cosa si trasformasse in una gigantesca rissa. Sedutomi tranquillamente avevo ascoltato un paio di sbalorditive analisi sull’eziologia del “Male Oscuro” quando fu la volta del prof. Hoerringer dell’Istituto Pasteur che, tra l’imbarazzo dei membri della Presidenza, mi chiese di intervenire. Mettendo da parte la rabbia contro quegli idioti che, fino a quel momento, avevano gestito il “Male Oscuro” mi limitai ad esporre, con fare quasi affabile, le considerazioni che identificavano il virus RSV quale causa dell’epidemia suggerendo, quasi con umiltà, strategie sanitarie e percorsi terapeutici.

Fu un trionfo. Suggellato anche dalla delegazione dell’OMS che, invece di tornarsene a Roma a perdere tempo con i soloni dell’Istituto Superiore della Sanità, decise di trattenersi a Napoli per discutere con me il da farsi. Il giorno dopo ero celebrato sulla prima pagina di tutti i giornali. Circostanza che mi valse – ciliegina sulla torta, anche la partecipazione alla trasmissione Portobello, condotta dal compianto Enzo Tortora.

Qualche mese dopo, l’inevitabile commissione ministeriale (diretta dal Prof. Giovanardi) – dopo le stucchevoli considerazioni sul degrado sociosanitario alla base della diffusione dell’infezione e gli altrettanto stucchevoli auspici di un risanamento urbanistico della città e della creazione di un imperscrutabile “programma di protezione dell’infanzia” – ufficializzava quello che avevo sempre sostenuto: l’agente eziologico responsabile dell’epidemia era il virus respiratorio sinciziale; lo sciagurato impiego di cortisonici aveva aggravato le condizioni dei piccoli pazienti provocandone, in molti casi, la morte; solo in una parte dei 57 deceduti al Santobono la gravità delle lesioni polmonari era tale da giustificarne l’exitus; non esisteva un significativo rapporto casuale tra vaccinazioni antidifterica e antitetanica e il cosiddetto ”Male Oscuro”.

Avevo avuto, quindi, ragione su tutta la linea.

Francesco Santoianni

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